domenica 23 dicembre 2007

La morte bianca: Robert Falcon Scott

Robert F. Scott's camp at the South Pole, c. 1912.

Robert Falcon Scott (Plymouth, 6 giugno 1868 – Antartide, 29 marzo 1912) è stato un marinaio e esploratore britannico.

Il tentativo di raggiungere il Polo Sud

Il 1 novembre 1902 Scott, accompagnato da Edward Wilson e da Shackleton, lasciò Hut Point per dirigersi a sud con le slitte trainate dai cani. Scott, nell'erronea convinzione che il terreno sarebbe stato pianeggiante e agevole da percorrere, aveva previsto dei quantitativi di razioni alimentari molto ridotti. La spedizione incontrò all'inizio bufere con caduta di neve fresca che resero difficile il cammino, al punto che i tre erano costretti a trasportare metà del loro carico per mezzo miglio e poi tornare indietro per recuperare l'altra metà. I tre commisero inoltre alcuni errori tecnici: uno di questi fu quello di spostare i cani da una muta all'altra, scatenando feroci liti e diminuendo così l'efficacia delle mute. Inoltre i cani non erano preparati per l'impresa e per le condizioni climatiche, avendo passato l'inverno al riparo a bordo della nave con pochissime uscite di allenamento. Nessuno dei tre aveva esperienza di sopravvivenza in ambienti estremi come quello antartico: si pensi che Shackleton non aveva mai montato una tenda né dormito in un sacco a pelo. Quando i tre erano già sfiniti dalla cecità da neve, dalle scarse razioni, dal clima avverso e, nel caso di Shackleton, dallo scorbuto, avvistarono le catene montuose antartiche che eliminarono le speranze di poter raggiungere il Polo. Nonostante ciò Scott decise di proseguire e solo intorno all'82° parallelo si arrese all'evidenza dell'impossibilità di proseguire. Dai suoi diari si evince che Scott attribuì l'intera colpa del fallimento ai cani e non agli errori tecnici nella preparazione. Scott, Wilson e Shackleton raggiunsero il punto più meridionale il 31 dicembre 1902, a 480 miglia dal Polo.

La spedizione Terra Nova (1910 - 1912)

Secondo Scott il raggiungimento del Polo da parte di un britannico non era importante solo per questioni di prestigio nazionale. Scott lo considerava anche un opportunità di arricchimento e di miglioramento di status per la sua famiglia. Dopo il matrimonio con la scultrice Kathleen Bruce il 2 settembre 1908 e la nascita del loro unico figlio nell'anno 1909, partì per la sua seconda spedizione nell'Antartico. Il 1 giugno 1910 la nave Terra Nova salpò da Londra alla volta dell'Antartide. Fin da subito fu chiaro a Scott che il raggiungimento del Polo sud sarebbe stato una sorta di gara con il norvegese Roald Amundsen. Entrambe le spedizioni partirono nell'ottobre 1911 dai rispettivi campi base. Ma mentre Amundsen e i suoi quattro compagni erano in viaggio con sci e cani da slitta, Scott e i suoi utilizzarono pony e motoslitte che si rivelarono ben presto difettose, nonché cani da slitta che anche stavolta nessuno sapeva condurre. La spedizione composta da Scott, Edward Wilson, Edgar Evans, Lawrence Oates e dal tenente Henry Bowers, raggiunse il Polo Sud tra il 17 e il 18 di gennaio del 1912. Ma qui la delusione fu enorme, quando i cinque si resero conto che Amundsen li aveva preceduti di diversi giorni: sul ghiaccio svettava ancora la bandiera norvegese, lasciata da Amundsen già il 14 dicembre 1911.

Amundsen con la bandiera norvegese piantata al polo sud

Purtroppo per Scott e i suoi, la migliore organizzazione della spedizione di Amundsen fu evidente anche (e soprattutto) nel durissimo viaggio di ritorno. Se infatti il norvegese era riuscito a percorrere tra le 15 e le 20 miglia al giorno (pur avendo previsto di percorrerne 30 al giorno), Scott raggiunse una prestazione massima di 13 miglia al giorno. Mentre Amundsen riuscì a rientrare al campo base senza difficoltà, per Scott e i suoi il rientro divenne ben presto una lotta disperata. In gran parte contribuirono anche le pessime condizioni meteorologiche con temperature talmente rigide che, dall'introduzione delle moderne stazioni meteo negli anni '60, furono nuovamente registrate una sola volta. Il primo che perse la vita nel corso della marcia di rientro fu Evans che si era infortunato in seguito ad una caduta ed ebbe un crollo fisico e psicologico. Poco dopo peggiorarono le condizioni di Lawrence Oates tanto da ostacolare la marcia degli altri membri della spedizione. Quando Oates si rese conto di avere poche possibilità di sopravvivenza, ma soprattutto di rappresentare un fattore di rischio per i rimanenti membri della spedizione, abbandonò volontariamente la tenda durante una tempesta di neve. Il suo corpo non fui mai ritrovato. Il gesto di Oates fu inutile. I cadaveri dei rimamenti membri della spedizione furono trovati sei mesi dopo a sole 11 miglia da un grande deposito di viveri allestito appositamente per la loro spedizione. Rimasero i loro diari nei quali descrissero nel dettaglio le sofferenze patite. É celebre la frase di Scott:

(EN) « Had we lived I should have had a tale to tell of the hardihood, endurance and courage of my companions which would have stirred the heart of every Briton. » (IT) « Fossimo sopravvissuti, avrei avuto una storia da raccontarvi sull'ardimento, la resistenza ed il coraggio dei miei compagni che avrebbe commosso il cuore di ogni inglese. »

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