Sciretti Alberto con Bepi Zanfron. Quasi interamente la documentazione fotografica sulla tragedia del Vajont si deve a Bepi Zanfron, conosciuto ed apprezzato fotoreporter di Belluno, accorso già durante le prime ore della tragedia. B. ZANFRON, Vajont, 9 ottobre 1963. Cronaca di una catastrofe, Ed. Agenzia fotografica Zanfron, Belluno, 1998 Sciretti Alberto sulla diga del Vajont Domenica scorsa sono stato sul Vajont una intera giornata; ormai si sa quasi tutto della
tragedia del vajont, quindi ho pensato solo di riportarvi qui tutte le immagini che ho girato; ho visto cose e provato sensazioni che sono indimenticabili. Peccato che così come i medici si sottopongono al
giuramento di ippocrate gli ingegneri ed architetti di tutto il mondo non vengano qui, prima di iniziare ad eserciatare, a giurare che mai e poi mai abbandoneranno le ragioni della logica per far spazio a quelle del profitto. La cosa infatti che più vi colpirà visitando i luoghi della tragedia, è che tutto è friabile..provate ad arrampicarvi ...ricordando che
Monte Toc in lingua friulana indica anche qualcosa di "guasto", "avariato", "sfatto".
Una delle foto più suggestive: in prospettiva il terreno friabile, la diga e sullo sfondo Longarone che pagherà il prezzo più alto della tragedia.
La frase che mi ha colpito di più di questa tragedia è stata questa: "Quel 9 ottobre del 1963 più di 2000 persone entrarano nel nulla per ambizione ed interessi altrui".
"Gli ertani sono gente tosta. Perseguitati per secoli dalla malasorte, non si sono mai arresi, né mai hanno lucrato o pianto il morto sulle loro tragedie. Hanno grande stabilità, poichè anche loro, come gli alberi, sono nati sul ripido e per stare in piedi su un terreno simile occorre molto equilibrio". Mauro Corona in "Le voci del bosco"
Scritte storiche sui muri delle case di Erto
Queste persone, come tante altre in un paese mediocre come l'Italia, non hanno mai avuto giustizia esattamente come non l'hanno avuta le centinaia di morti del petrolchimico di Marghera anch'esso voluto, come la diga del Vajont, guarda a caso dal conte di Misurata
Giuseppe Volpi .
Una carta geografica dettagliata per orientarsi in Val Vajont La frana:
La frana del Monte Toc con la famosa frattura a forma di M chiaramente visibile anche nelle successive immagini
Erto "Nella cultura chiusa, misogina e tremenda del paese, le cose magiche e sublimi, ma anche infide, traditrici e impossibili da dominare, diventano femmina. [...] Erto viveva del bosco e del bosco coglieva il meglio. Salvo quei pochi che avevano le mucche, tutti gli altri facevano i boscaioli. [...] Alcuni di loro hanno smesso da tempo l'antica arte per andare a fare i gelatai in Germania [...] o partivano per l'Austria o la Francia I taglialegna conoscevano la sofferenza degli alberi e il dolore che procurava il filo dell'ascia nella loro carne e meno colpi davano minore era il tempo della morte" Mauro Corona
La memoria:
Abbiamo il dovere morale di non dimenticare quelle persone che in questa tragedia hanno perso la loro vita; "Quel 9 ottobre del 1963 più di 2000 persone entrarano nel nulla per ambizione ed interessi altrui". Nell'immagine la fotografia di un ragazzo che invece perse la vita a 30 anni costruendo la diga. Nel rispetto di queste persone che non ci sono più noi dobbiamo pretendere che qualsiasi cantiere, qualsiasi progetto, tenga prima di tutto in considerazione il rispetto sacrale che si deve ad ogni vita ed alla natura. Ogni vita va rispettata. Etichette: Ambiente, Architettura, Disastri ambientali, Ecologia, Erto, Frana, Ingiustizie, montagna, Monte Toc, Natura, Paesaggio, Porto Marghera, Sciretti Alberto, Tragedia, Vajont, Veneto